12 dicembre 2013

perché "Il pensiero unico si impara da piccoli"

Riporto l'estratto di un seminario tenuto da Grazia Honnegger Fresco, insegnante esperta di scuola per l'infanzia, cresciuta con il rifiuto sistematico del pensiero convergente secondo cui bisognava pensare tutti allo stesso modo, passatomi da un'amica attenta e cara e che ho letto davvero con molto piacere.


L'immagine dell'infanzia e della scuola oggi è terribile, abbiamo un sistema di educazione che fa acqua da tutte le parti. Uno dei nodi più importanti è la continua falsificazione che viene proposta dell'immagine dell'infanzia; di bambini oggi si parla solo quando c'è di mezzo la pedofilia, il bullismo, casi angoscianti come la strage di Erba o il caso del piccolo romeno Florin bruciato vivo nella periferia di Milano, il quale era figlio di romeni che non erano delinquenti, ladri o zingari, ma semplicemente gente poverissima che viveva in una baracca in condizioni spaventose. In questi casi i bambini, salvo quelli che appaiono in pubblicità, tornano di nuovo al centro dell'attenzione e quindi tutti iniziano a versare lacrime di coccodrillo, dicendo che bisognerebbe fare di più, pensare di più ai bambini, insomma un coro unanime, con la solita arte del parlare, la solita retorica. Eppure quello che vedo io confrontandomi con quella che è stata la mia infanzia è che mai come oggi questo nostro bel paese, mette allo scoperto la sua vera anima razzista e profondamente conservatrice, caratterizzata dalla paura del diverso. Mi ricordo che, quando è uscita la legge Bossi-Fini, Goffredo Fofi ha distribuito un libricino "Occhio alla Bossi-Fini", leggetelo con attenzione.

Quand'ero piccola abitavo a Roma vicino a Campo dei Fiori che oggi è diventato un posto chic ma allora era un quartiere molto popolare e siccome eravamo vicinissimi al ghetto ebraico sentivo sempre parlare con enorme disprezzo del giudio che era quello che aveva mandato Cristo in croce. Mia mamma che era molto religiosa mi diceva che era scritto anche nel Vangelo di Giovanni però allo stesso tempo diceva di conoscere tanti giudei che erano persone perbene. Mio padre, un vecchio socialista dei tempi di Turati diceva che era una follia pensare che gli ebrei, come tali, come etnia, siano stati tutti colpevoli di una cosa successa più di duemila anni prima. Mio padre mi raccontava anche quello che aveva passato negli anni della I guerra mondiale, di quello che avevano fatto gli alti ufficiali, uccidendo i nostri soldati, le uccisioni di massa tanto per intenderci, leggetevi a tal proposito "Un anno sull'altipiano" di Emilio Lussu. A noi figli raccontava anche quello che gli italiani avevano fatto in Libia, in Somalia contro gli africani; insomma sono stata una bambina fortunata perché ho avuto due genitori che avevano delle fedi profonde ma molto diverse e che però consideravano ebrei e zingari tutti figli di Dio. Sono cresciuta con il rifiuto sistematico del pensiero convergente secondo cui bisognava pensare tutti allo stesso modo, vi ricordo che eravamo in epoca fascista ed era pericoloso pensarla in maniera diversa, però all'interno della famiglia si poteva fare no?!? Nelle mie amiche invece osservavo un appiattimento di idee: questo non si può dire, questo non si può fare… E' da allora che io ho scoperto che la diversità è un pregio, qualcosa di estremamente importante, un valore grande, e quando ho incontrato Maria Montessori, questo l'ho ritrovato nella prassi quotidiana del suo lavoro. Pensate che ancora oggi al Ministero non è ammesso quello che noi facciamo da sempre ossia di mettere insieme i bambini grandi con quelli piccoli, bambini che sono geniali e bambini che vanno molto adagio e che hanno bisogno di grande sostegno; secondo noi se stanno insieme la diversità li aiuta perché i bambini si aiutano tanto fra di loro se non c'è un adulto che grida e ordina. La nostra scuola e il nostro modello di scuola è quello in cui i bambini scelgono, sanno scegliere e possono fare tante cose differenti e in questo essere differenti cresce una comunità straordinaria senza una socializzazione forzata. Io credo che la Comunità di Capodarco sia anche questo.
Il nostro paese è ancora soffocato da un'insopportabile retorica, non ha saputo minimamente costruire dei valori condivisi, siamo ancora alla logica del mio giocattolo è più bello del tuo, le mie idee sono più belle delle tue, e stiamo lì a litigare e al gioco delle ripicche. Non abbiamo costruito dei valori condivisi come invece è successo nei paesi del Nord Europa; ad esempio ho scoperto di recente che in Finlandia fino alla terza media non si danno i voti. La cultura dell'infanzia, del rispetto alle donne scarseggia. Si sono sviluppati molti studi sullo sviluppo linguistico, sulle neuro-scienze ma sappiamo tutto in astratto, molto in astratto, si sa tutto e niente. Si passa così nella pratica quotidiana del lavoro dove si trattano i bambini come si faceva non dico come quando ero piccola io forse si può andare addirittura ancora indietro ai tempi di Platone, il quale diceva che il bambino è un legno storto da raddrizzare: ecco siamo ancora a quel punto lì. Pensiamo agli asili nido, ai bambini piccoli del nido gli zero-tre, sono "bambini valigia" dico io, ovvero i bambini che si depositano il più presto possibile. Gli studi dicono che un bambino ci mette almeno 9 mesi per costruire dentro di sé l'immagine materna e paterna e per uscire veramente dalla esogestazione così come si chiama il periodo delicato della prima formazione dopo la nascita e che dura almeno un anno. Oggi però le mamme, un po' perché sono pressate dal lavoro e un po' perché sono stanche morte, non ce la fanno a stare con il neonato, a 3 mesi lo iniziano a portare all'asilo nido e allora verranno utilizzati omogeneizzati e pappine con cibi morti perché sono cibi morti quelli, non mi direte mica che sono cibi veri! Separazione precoce, distacco precocissimo dall'allattamento materno, con la mamma che magari non ha nemmeno allattato in previsione di tornare a lavorare al compimento del terzo mese del figlio. A questi bambini succede spesso che poi quando arrivano a 2 anni mordono, graffiano e distruggono tutto, fenomeni che prima apparivano intorno ai 5-6 anni e che adesso invece si vedono attorno ai 2 anni, poi i genitori si chiedono come mai sono così disgraziati ad avere un bambino così cattivo… Eh no! C'è un mio amico che alleva razze speciali di cavalli il quale dice che se facesse ai suoi cavallini le cose che noi facciamo con i bambini, non avremmo più cavalli di razza. Questo noi lo sappiamo, basta vedere l'esempio dei cuccioli di gatto che se li portiamo via dalla mamma da piccolini e li isoliamo, diventano feroci e graffiano, così invece il gattino coccolato dalla mamma viene facilmente addomesticato. Questo sta a significare che la cura della prole vuole dire sviluppo delle capacità del cucciolo, fino all'età adulta, respingendo lo sviluppo dell'aggressività che deriva da uno stato di paura profondo, i segnali che vediamo nei nostri bambini al nido.


Altro aspetto importante è quello della velocità del nostro vivere: il bambino piccolo è in uno stato di lentezza incredibile, ha bisogno di tempi lunghissimi per costruire il suo mondo interno, non è che sia vuoto, perché nasce con un patrimonio di neuroni incredibile, ma deve costruire le immagini interne di quello che gli succede; ci vuole un tempo lungo per noi adulti per conoscere una cosa nuova, figurarsi per un bambino, che parte da una base molto limitata di conoscenza. E' normale dunque che i bambini ricevono forti contraccolpi dalla frettolosità degli adulti andando contro il loro bisogno di continuità e di protezione. Protezione, continuità, lentezza, sono proprio come dire le basi, il fondamento della costruzione mentale di un bambino, e allora, diversamente, vuol dire non permettere al bambino di vivere secondo il suo ritmo personale. C'è anche da dire che ogni bambino è unico, diverso da ogni altro, nel presente, nel passato e nel futuro, perché questo è il gioco dei cromosomi, delle mescolanze tra gli esseri umani. Invece noi ci comportiamo come se i bambini fossero vuoti. Vi consiglio di leggere i libri di Alice Miller, una grande studiosa tedesca che ha analizzato le radici della violenza, vi consiglio in particolar modo "Le radici della violenza" sulla storia di Hitler dove si cerca di analizzare che cosa c'è alla base del comportamento di una persona malata come lo è stato Hitler che ha rovesciato tutto questo suo odio nel mondo. Non voglio entrare nel merito, ma vorrei arrivare alla radice, come ad esempio chiedendosi, rispetto alla ragazzina che si distrugge con la droga, cosa gli è successo dentro… perché è arrivata a quel punto… Questo è un grosso problema che ci dobbiamo porre! I risultati del nostro modo di porci nei confronti dell'infanzia ne fa conseguire che bambini sono sempre più irritabili, si notano sempre più degli accenni di depressione nei bambini di 2 anni, senza tenere conto che il passaggio tra i 2 e i 3 anni è delicatissimo, mentre noi ci andiamo così, a cuor leggero, dicendoci finalmente sta in piedi, corre, gioca.. Li riempiamo di giocattoli che non hanno nessun significato, montagne di peluche e plastica con cui i bambini non fanno niente, si annoiano; in questo modo il loro cervello che è ricchissimo e che ha fame di esperienze e di esplorazione, sta nel vuoto, aggrediti dall'inutilità degli oggetti perché se il bambino piglia il cestino delle mele e le tira fuori e fa dentro e fuori, subito gli dicono: no non si tocca, le cipolle no per carità, non si tocca, apre lo sportellino: no fermo che me lo ammacchi… Ma che deve fare questo bambino? Siccome sono così agitati, poi non dormono più, rifiutano il cibo, vanno dal pediatra che gli da il Nopron e poi diventano ancora più agitati, vanno a scuola non hanno concentrazione, non stanno mai fermi, vanno di nuovo dal pediatra che gli da il Ritalin… La rivista Conflitti diretta da Daniele Novara ha pubblicato uno studio di alcuni mesi fa sulla somministrazione dei psicofarmaci dalla quale risulta che vengono somministrati di più alle ragazzine che naturalmente vanno tenute più a bada, non si sa mai che diventino più sveglie dei maschi…
Il bullismo è diventata una parola di moda e come al solito diventano tutti degli esperti, pronti a fare, a sdottorare, ministri compresi, a fare diagnosi, a cercare il colpevole, ma nessuno che si chieda da dove parta quest'atteggiamento. Il bullismo comincia già al nido e alla scuola materna, quando il bambino a soli 3 anni comincia per esempio a dire ad un compagno che non è più suo amico se non gli porta le figurine. Le maestre si dovrebbero chiedere: ma cosa stiamo facendo con i nostri bambini? Forse dovrebbero chiedersi quanto nel loro atteggiamento c'è di giudizio su quello che fanno i bambini, espresso ad esempio con le frasi tu sei bravo, tu non sei bravo, ti do un premio, ti do la caramella per farti stare buono, e dall'altro canto quanto cercano di creare nell'ambiente una situazione di vita interessante, per la quale i bambini abbiano tante cose da fare. I bambini hanno bisogno di un ambiente dove l'adulto non è violento, non grida, non è giudicante, un adulto che mette a disposizione dei bambini tanti oggetti interessanti e non è una questione di ricchezza bensì di intelligenza, di ricchezza del pensare; ma soprattutto bisognerebbe guardare quello che i bambini di loro iniziativa fanno, perché se il bambino prende un bastoncino e incomincia a fare dentro e fuori con i buchi del termosifone, mi sta comunicando che c'è un interesse nei confronti di questa attività che è semplicemente il dentro e fuori, una caratteristica del bambino di un anno e mezzo-due, allora devo trovare qualche oggetto che gli permetta di scoprire cosa voglia dire sfilare e infilare, riempire e vuotare… Gli adulti non si accorgono di tutto questo e continuano a riempirli di giochi scemi e inutili oppure dentro al seggiolone, davanti alla televisione, così stanno buoni e fermi, vengono riempiti di dolci

Migliaia di bambini oggi vanno al nido e non penso che non serva, dico solo che bisognerebbe evitare di far diventare il nido un parcheggio come invece accade solitamente; dire che il nido ve bene perché il bambino socializza è una grande frottola perché invece serve alla madre per andare a lavorare, quindi ci si riallaccia al problema economico, della precarietà e della mancanza di elasticità, di aiuto al lavoro delle donne. Nel 2006 è comparsa nei giornali la notizia che quanto prima sarebbero stati aperti 3000 nuovi asili nido nel nostro paese, allora subito tutti i giornali hanno scritto: chi li pagherà? Chi li aprirà? Chi ci potrà andare? Chi verrà escluso? Ho cercato su vari giornali una voce che dicesse, chi preparerà le persone? Nessuno si è posto questo problema, ma non per mancanza dei giornalisti che in ogni caso non avrebbero saputo a chi rivolgersi… Se ad esempio voglio aprire un asilo nido, devo trovare una persona con il titolo altrimenti non lo posso aprire, allora mi rivolgo alla neo-laureata, penso che sia preparata, è laureata, poi però spesso queste figure non hanno mai visto un bambino o se l'hanno visto è stato un po' per caso o perché c'è stato un docente che gli ha detto di fare un po' di tirocinio, che dovrebbe essere fatto in un certo modo mentre spesso è tutta una finta… Con questo voglio dire che bisogna cominciare a formare le figure che staranno accanto ai bimbi già dall'asilo nido, bisogna dire loro di mettersi sedute a guardare un bambino che cosa fa; a volte ti dicono di sapere già tutto mentre non è affatto vero, bisogna osservare per capire come si muove il bambino, cosa fa, dove si dirige, quali sono i suoi interessi; dicono che non lo possono fare perché non hanno tempo essendo ormai il rapporto tra maestre e bambini anche a 1 su 15 … E' a questo punto allora che bisogna far capire che bisogna organizzare l'ambiente, questo è il principio Montessori: organizza l'ambiente con tanti oggetti diversi, significativi per loro, in principio non sai bene quelli che potranno servire, metti delle cose dentro e fuori, fila e sfila, trascinare, le figure, i libri, c'è tanto che si può dare, se scelto, ma se non hai la chiave di lettura non li vedi i bambini … Si è arrivati dunque agli odierni "nidi in franchising", tutti uguali, ti danno tutto chiavi in mano ma questi Happy child, così si chiamano, sono tremendi. I bambini hanno una mente assorbente prodigiosa diceva Maria Montessori imparano tutte le cose guardando, facendo, ricordano tutto e usare il sistema dei nidi in franchising è un qualcosa di terrificante; questo non è aiutare lo sviluppo del bambino bensì un ammaestramento della peggior specie, poi vediamo i bimbi ciondolanti con il ciuccio in  bocca, perché per carità il ciuccio è santo, l'orgia dei ciucci dico io… Siccome le mamme non sopportano il pianto del bambino pongono rimedio con il ciuccio e allora questi bimbi arrivano all'asilo con il ciuccio in bocca che assolutamente non vogliono lasciare. Mi ricordo di una mia esperienza personale con un bimbo di nome Cesare che arrivava all'asilo con due ciucci pronti da essere sostituiti uno con l'altro, io mi sono avvicinata e dolcemente gli ho detto di darmene uno promettendo di ridarglielo più tardi, allora lui me lo ha dato, mi ha guardato con questi occhioni un po' dubbioso, così lo ha tranquillizzato facendogli vedere dove lo appoggiavo e promettendogli che lo poteva riprendere, lui l'ha lasciato e addirittura l'altro me lo ha dato lui di sua iniziativa, e ritrovandosi con le due manine libere si è messo a toccare le cose, a fare, ha trovato un cestino con delle palline le ha infilate, e dopo era molto contento. Dopo una quindicina di giorni, l'educatrice mi ha detto che appena arrivava al nido metteva il ciuccio nella sua scatolina… Negli Happy child pensano di poter inserire subito un bimbo, mentre non è così, addirittura vi dico che non si tratta di inserimento, i bambini devono avere il tempo di ambientarsi, attivamente, progressivamente, su loro misura, non sono degli oggetti che si infilano! Ci troviamo di fronte alla cultura del bambino da costruire, siamo ancora in uno stato di preistoria, con tutta la nostra modernità finta… Tutti i bambini ammaestrati, così in questa indifferenza e superficialità che in realtà rende non solo i bambini ammaestrati ma anche i genitori ci cadono dentro. Vi segnalo un libro e un film che ritengo utili per capire un po' le tematiche di cui vi sto parlando; il libro "I quasi adatti" scritto da Peter Hoeg, dove descrive la forza che i bambini hanno fin da piccoli per ribellarsi a qualcosa che pesa sulla loro libertà di espressione e sulla loro capacità di cercare, un modello terribile che pesa sui bambini piccoli ma che ci ritroviamo anche durante tutto il corso della formazione scolastica. Il film che vi consiglio è invece "Rosso come il cielo" di Cristiano Bertone dove viene descritta la sofferenza di un bambino che non è ascoltato, che non è visto per le sue capacità.

Le dimostrazioni del verso sbagliato che ha preso la nostra società nell'educazione è evidente in molti casi: una ragazza vivace, ironica, sveglia, un po' sovrappeso viene presa di mira dalla professoressa di ginnastica poiché non sa fare il salto in alto, ma lei non lo può fare, non ci arriva a farlo, è però molto brava nel gioco del tennis, allora la madre chiede alla professoressa di valutare questo dato di fatto ma questa risponde che tutti devono fare il salto in alto, che a tennis può essere anche una campionessa mondiale, ma questo non le interessa e sarà costretta a darle il debito formativo in ginnastica. Elasticità zero, tutti devono saper fare la stessa cosa, a prescindere da come è la persona. Ci sono anche diversi fatti di cronaca che dimostrano la stessa mancanza di un sistema educativo che tenga conto delle esigenze dei giovani: è il caso di quegli adolescenti che hanno quasi distrutto una pizzeria per festeggiare la fine dell'anno scolastico, il proprietario della pizzeria è andato dal preside per sapere a chi chiedere i danni; a Roma hanno bruciato la scuola, per bruciare i registri, una ricca scuola di Milano è stata allagata, anche lì per evitare un compito in classe… Ci si chiede allora cosa insegnino a questi ragazzi, ma non bisognerebbe chiedersi cosa gli insegnano, bensì come i bambini passano la loro esistenza, anni e anni dal nido al liceo, in questo clima di non ascolto dove la valutazione del ragazzo viene fatta con la calcolatrice, mi dicono i miei nipoti che sono al liceo che i professori adoperano la calcolatrice per dire hai sette virgola non so che, e tu hai cinque virgola… Altri esempi nella scuola infantile; Mario, 3 anni: non vuole mangiare la pasta con il sugo perché la mamma non gliela fa e siccome è la cuoca che fa le porzioni, assolutamente uguali per tutti, la maestra dice che lui deve mangiare tutto, ma qui siamo alla follia collettiva! Faccio l'esempio di Filippo, 5 anni: la maestra gli dice di aver fatto un brutto disegno e gli impedisce di andare in giardino per rimanere in classe a rifare il disegno… Mara, 4 anni: spinge la compagna perché vuole passare avanti e la maestra la esorta a non farlo più dicendole che se lo avesse fatto un'altra volta le sarebbero cadute le mani. Simone 18 mesi: tenta di mangiare da sé, tuffa la mano nella scodella per prendere i maccheroncini e la maestra gli dà del brutto porcellone, esortandolo a mangiare con il cucchiaio, a soli 18 mesi… Kevin, 13 mesi: da poco si è messo in piedi e cammina attaccandosi ai mobili, dunque sta facendo una cosa da sé straordinaria, allora la maestra gli dice di non appoggiare le manine bensì di farsi portare da lei, gli fa fare due passi, cosa che non bisognerebbe mai fare, poi lo piglia di colpo e lo infila nel seggiolone perché è arrivata l'ora di mangiare … Questi esempi ci dimostrano la sciatteria continua che c'è nella situazione cosiddetta educativa: c'è sadismo, disonestà, deprezzamento delle possibilità del bambino, minacce, ricatti. Non mi dite che questa è educazione, che questa è formazione, questo non è niente, è il vuoto, d'altra parte questa è la scuola che abbiamo frequentato anche noi! Non ci piace però chi si ribella? L'immagine di scuola che noi abbiamo è sempre la stessa cosa, tutti i banchi in fila, tutti i bambini con un quaderno e una penna, tutti sorridenti, perché naturalmente qualcuno li filma in determinati momenti, tutti a guardare il maestro davanti alla lavagna, è l'immagine di scuola con bambini passivi che ascoltano una persona. Bisogna rivoltarla quest'immagine di scuola, bisogna fare una scuola che non ha i banchi in fila, già metterli a quattro per fare i gruppetti, sarebbe meglio, ma potrebbero essere articolati anche diversamente! Si può lavorare per terra, i bambini adorano stare per terra, noi nelle nostre scuole Montessori, tanto disprezzate nel nostro paese, abbiamo sempre dei tappeti e i bambini stanno per terra a fare i conti, leggere, scrivere, ricercare sugli atlanti piuttosto che guardare un libro, cioè una struttura mobile che permette al bambino di scegliere, non solo l'attività ma anche il dove stare, con chi stare, che cosa fare, come mettersi, perché ci sono dei bambini che adorano lavorare in ginocchio e allora perché non può lavorare in ginocchio? No devono stare tutti seduti così! Allora questo vuol dire trattare i bambini come se non fossero degli esseri pensanti, degli esseri creativi!

"Insegnare è obbligatorio, saper insegnare è facoltativo" diceva Francesco de Bartolomeis: i docenti non sono stati preparati bene; in un suo recente libro intitolato "Lettera ad un insegnante" Vittorino Andreoli ha irritato moltissimo i docenti perché questo stimato psichiatra che conosce a fondo gli adolescenti, si è messo dalla parte di questi ultimi, facendo allo stesso tempo un attacco molto forte contro la classe docente. Il sapere insegnare significa porsi nelle scarpe dei bambini e dei ragazzi, questi ragazzi di 15 anni che sembrano già degli adulti nella loro corporeità, nella loro voglia di muoversi, negli spazi, non possono stare in "classettine" ferme come quando avevano 3 anni, hanno bisogno di apertura di spazi, di contatti diversi, di uscire dalla scuola, di fare delle scoperte che sono a misura delle loro capacità esplorative, che non possono essere come quelle dei piccoli che invece hanno bisogno di lentezza, di protezione. La scuola dovrebbe essere anzitutto un luogo dove vengono ascoltati i bisogni reali di determinate fasce di età cui si rivolge, perché il ragazzino dai 6 ai 12 anni non è il ragazzo dai 12 ai 15, i bisogni completamente diversi. Questa scuola va cambiata da cima a fondo!

Passo al tema del parto-nascita poiché tutto comincia da lì: qual'è l'immagine della donna che partorisce? Tutti i film americani ce lo hanno insegnato, sta sdraiata sul letto e urla, con acqua calda e lenzuola pronte … poi dal parto casalingo si è passati all'ospedale, parlo degli anni Sessanta-Settanta, ma non è cambiata la cosa perché la donna sul letto di ospedale sta ancora sdraiata a gambe aperte, davanti all'operatore, perché quella è una posizione comoda ma non per lei bensì per l'operatore, per il medico che deve esaminare e controllare tutto. E' stato stabilito invece che è la posizione più anti-fisiologica, il cervello ce lo dice, non so se si può partorire facilmente stando sdraiate o piuttosto accovacciate o in piedi come è in uso in altre civiltà che noi consideriamo inferiori alla nostra e che invece hanno conservato questa saggezza della natura …la posizione sulla schiena rende il parto più difficile, più lungo e più doloroso. Capite bene che il parto nasce come una punizione. Questo vuol dire che non è stato seguito l'esempio del ginecologo francese Frédérick Leboyer che aveva detto di liberare la donna dalla paura del parto, e nemmeno quello di un medico che aveva creato nel suo ospedale vicino a Orleans una stanza accogliente dove la donna per il parto poteva scegliere la posizione che voleva, le luci sommesse, una stanza di colore giallo, niente di bianco, niente di ospedalizzato. Addirittura un bel giorno arriva la signora Turco che dice: epidurale per tutti, un'anestesia che blocca tutta la sensibilità da sotto il diaframma in giù, tutte ne hanno diritto, e va bene, ma gli ospedali ne fanno una routine, viene proposta a tutte le donne, e in più, siccome i chirurghi stanno bene attenti a non correre il minimo rischio, lo programmano al terzo mese. Il gruppo Iris di Milano ha fatto tutta una serie di indagini e ha scoperto che l'epidurale per esempio provoca la febbre nel bambino. Siamo arrivati ad un parto asettico ma non solo sul piano fisiologico bensì anche su quello psicologico, emozionale; il parto è un evento sessuale prima di tutto, dove c'è una produzione di vita incredibile, in cui l'uomo e la donna dovrebbero essere insieme al bambino, se questo bambino ha la fortuna di avere il padre ovviamente, insomma dovrebbe essere un qualcosa di intimo, mentre l'ospedale dovrebbe essere l'eccezione, per i casi gravi in cui la donna ha bisogno di aiuto. Esistono dei gruppi nascita che si occupano di riportare il parto alla sua naturalità, perché l'inizio della vita del bambino è completamente diversa se sta in ospedale; Iacona ha fatto quest'estate una bella trasmissione sulla fecondazione assistita, di grandissima qualità e ad un certo momento ha fatto vedere come avviene il parto in ospedale, si vedeva la donna bella sdraiata, tutta coperta di verde, perché adesso i panni non sono più bianchi, le lampade scialitiche, queste luci fortissime, dunque il parto, la nascita del bambino, che è come levarsi un tumore, ma questo nella mentalità delle persone vuol dire che è un prodotto che si altera, questo modifica profondamente la cultura di un popolo quando è generalizzato. Io dico che una mamma e un bambino non hanno bisogno di fare questa cosa così straordinaria del partorire, del nascere, del venire al mondo, con paura perché questo sistema produce paura! Nella provincia di Varese ad esempio c'è un piccolo ospedale dove un gruppo di ostetriche si è messo insieme per garantire il parto naturale alle mamme che volevano farlo, facendo partorire la mamme in una sorta di casa ma con la sicurezza dell'ospedale, dove in caso di emergenza, in pochi minuti si può salire al piano di sopra dove c'è la sala parto. In pochi mesi sono arrivate 150 donne a partorire in questo modo, dunque le donne hanno voglia di avere un parto vero, con il marito vicino se ci vuole stare, le luci sommesse, si può partorire anche a lume di candela, perché il bambino non ha bisogno di luci. La mamma in queste condizioni sta meglio perché nel parto è importante che stia bene con se stessa, trattandosi di un momento di grandissima intimità e concentrazione. In una clinica di Stoccolma sono state fatte delle prove e si è visto che il piccino appena nato messo nudo sul corpo della madre, il quale è caldissimo dopo il parto per la fatica e lo sforzo del parto naturale, si striscia da sé sul corpo della madre e arriva da sé al capezzolo, esattamente come fanno tutti i cuccioli … Invece nella quotidianità viene preso per i piedi, sculacciato, subito dopo lavato, vestito, profumato e solo dopo restituito alla madre. È un attacco gravissimo questo all'allattamento materno. Ci sono oggi  diversi gruppi di medici e pediatri che lavorano in questa direzione, vedi l'esempio dell'ospedale Garofalo di Trieste dove insegnano l'importanza di tagliare il più tardi possibile il cordone ombelicale e inoltre che il bambino venga dato subito alla madre, per poter trovare da sé il capezzolo con ancora il cordone attaccato. Ci sono oggi importanti studi che ci dimostrano che cosa succede con questa separazione violenta, con questo taglio che provoca dei disturbi alla respirazione, perché l'ossigeno arriva in maniera bruciante ai polmoni. Adesso non voglio stare ad annoiarvi con tutte queste cose, ma per dire come è delicata la nascita di un bambino, come è delicato l'insorgere del primo legame tra madre-bambino.

I consultori dove sono andati a finire? Le ostetriche che sostengano la donna a casa non esistono più nel nostro paese, mentre ad esempio in Olanda è normale che dopo il parto una donna che va casa dopo appena 3 o 4 giorni, abbia poi l'assistenza gratuita garantita dal servizio sanitario nazionale, di una specialista che la segue a casa le prime settimane. Questo è fondamentale soprattutto nel caso che la donna sia sola. Noi invece mettiamo i bambini nella nursery quelle che il grande medico Lorenzo Greganti chiamava le "caserme prussiane dei neonati". Dobbiamo tornare a riflettere su tutto quello che ci accade e avere la consapevolezza che siamo in una morsa di "non pensiero", di "non riflessione" su tutto quello che ci accade intorno, siamo tornati agli anni Settanta quando si parlava di "persuasori occulti" che non sono solo le pubblicità. Sempre di più siamo degli adulti, come dice Alberto Liverio, "etero-diretti" come conseguenza di bambini "etero-diretti" perché già a partire dall'infanzia siamo imperniati da una cultura che è sempre più astratta, un'infanzia che non può realizzare le esperienze di cui ha bisogno e quindi questo lede in profondità anche la nostra libertà di pensiero, rischiamo di pensare. Io penso che occuparsi dei bambini non sia un affare che riguarda solo gli addetti ai lavori bensì il risultato di un incrocio di competenze, ci vuole il pediatra, lo psicologo, l'amministrativo, l'insegnante, il genitore, ci vuole un ascolto di competenze diverse che si mettano a programmare, partendo da un'osservazione nuova dell'infanzia. C'è stato un grande medico di Firenze Adriano Milani Comparetti, fratello di don Milani che ha rivoluzionato la neuropsichiatria infantile: diceva che per essere un buon medico bisogna avere occhi e orecchie aperte e le mani dietro la schiena e soprattutto guardare i bambini. Secondo me è un'indicazione di lavoro: quando c'è un problema non andiamo dal cosiddetto esperto, perché questo, posto che sia un esperto, conosce una fettina piccina così del problema, mentre il problema è molto più vasto, dobbiamo metterci insieme con competenze diverse per capire che cosa si può fare.

Voi che fate il mestiere di giornalisti dovete studiarle e approfondirle queste tematiche e farvi portavoce di questa realtà , di questa cultura che dobbiamo costruire, perché qui sta il futuro della nostra specie. Siamo ridotti come siamo per la disattenzione al pianeta e alla natura, a tutti questi problemi che ci cadono addosso e anche perché questa umanità si è estremamente impoverita con il non ascolto dell'essere umano.

Intervento Per quanto riguarda gli operatori degli asili, forse è un problema dei corsi di preparazione…

Grazia Honegger Fresco Penso che sia una questione di metodologia, nel senso che c'è sempre la teoria separata dalla pratica, allora si fanno dei grandi discorsi però l'esperienza concreta del lavoro con i bambini non passa! Questo vale anche per i bambini con difficoltà i quali sono più penalizzati degli altri perché vengono separati e magari c'è la maestra di sostegno che li tiene quel tot di ore, una poverina che magari avrà fatto anche la scuola per essere educatrice di sostegno, ma se gli manca l'esperienza non ce la fa. Ci vorrebbe un tirocinio prima di avere un diploma o quantomeno di mettersi al lavoro avendo fatto un minimo di osservazione; invece questo non c'è nella nostra scuola, non c'è questa tradizione di avere una formazione ampia che permetta di mettere alla prova la capacità osservativa del bambino, anche se si parla tanto di osservazione nei corsi universitari, rimane questo stacco molto evidente fra teoria e preparazione concreta.

Intervento Riguardo al parto, lei ha detto giustamente di questo bisogno da parte delle donne di trovare nuove soluzioni nel parto, però secondo me ci sono ancora delle madri che preferiscono l'epidurale non perché viene imposto dall'ospedale bensì per non sentire dolore.

Grazia Honegger Fresco Moltissime donne scelgono il cesareo in partenza e neanche se lo pongono il problema dell'epidurale, allora dobbiamo chiederci il perché;  certamente non è un parto naturale e le persone non hanno sufficienti informazioni per sapere se l'epidurale va bene, se ha delle conseguenze, cosa vuol dire partorire un bambino col cesareo, ecc. ecc. Il problema principale è che non c'è un'informazione seria e completa sul parto, quindi le donne arrivano e si affidano al ginecologo che lavorando all'ospedale, che ci guadagna, propongono l'epidurale, perché sono pagati gli anestesisti, ci guadagnano nel cesareo perché il costo è duplicato, tanto paga lo Stato…

Intervento Ho sempre sentito parlare del metodo Montessori e volevo capire quali sono i limiti posti ai bambini, sapendo appunto che ad esempio i bambini giocano sul pavimento, fanno molte attività…

Grazia Honegger Fresco Nel nostro lavoro c'è molto rispetto per la libertà individuale, è uno spazio di libertà che si dà al bambino ma non senza limiti; il bambino può scegliere ma ci sono alcune cose che non può fare, per esempio non può togliere un gioco ad un altro bambino. Se capita ad esempio che un bimbo arraffa un giochino a quell'altro, con gentilezza l'educatrice cerca di far capire al bimbo in questione che ci potrà giocare più tardi con quello stesso gioco e nel frattempo di prenderne un altro. Ovviamente non si ottiene subito il risultato voluto, i bimbi poi adesso sono abituati a dimenarsi a terra e urlare per ottenere le cose. Questo è un criterio per cui di ogni oggetto c'è un solo esemplare e i bambini sanno che lo possono tenere per tutto il tempo a loro necessario, dopo però lo devono rimettere a posto, i piccolini all'inizio non lo sanno fare, lasciano le cose in giro, allora con pazienza si insegna che se questo è il posto del bicchiere lì va rimesso, ed è compito della maestra curare l'ordine dell'ambiente. I visitatori che vengono nelle nostre scuole sono sempre molto colpiti dall'ordine che è un punto di riferimento visivo per il bambino. C'è una grande libertà però ci sono dei confini molto precisi. I bambini oggi fanno di tutto e di più perché i genitori non mettono confini, per questo le maestre sono disperate; bisogna ricominciare con pazienza a dire si, no, si può fare, tanti si molto concreti con gli oggetti a disposizione, questo è molto importante, di modo che i bambini abbiano tante cose da fare concrete al loro livello, oppure dicono, non voglio mangiare, va bene vuol dire che non hai fame, gli togliamo il piatto, dicono oh poverino! No, non è che siccome non gli piace il formaggio, gli dai il prosciutto, a meno che non sia malato che non può mangiare il prosciutto, lui se non vuole mangiare questa cosa non gli dai altro, non importa vuol dire che mangerà un'altra volta, 2 o 3 giorni e mangia tutto. A casa non è così! Però i no vanno detti senza rabbia, senza giudizio, devono impararlo questo le maestre. Gli devi dire il tuo di no quello giusto che lo aiuta a darsi una regola e questo è per i bambini una cosa straordinaria, osservare come già nei piccolini comincia questo senso di responsabilità, del capire che la bambola va rimessa nella sua culla, perché dopo c'è qualche altro bambino che ci vuole giocare. Ci sono tante modalità per far crescere i bambini con questo senso di rispetto per l'ambiente, visto che l'adulto ha preparato per loro in modo molto rispettoso l'ambiente in cui loro vivono. Ci viene spesso detto che i bambini della Montessori fanno come gli pare, quando eravamo nel '68 venivano i genitori e dicevano che noi davamo troppe regole a questi bambini, che eravamo troppo autoritari, allora noi dicevamo che se vogliono un bambino tranquillo e soddisfatto di sé, allora un minimo di regole bisogna dargliele, non sono tante regole: l'ordine, il rispetto del lavoro dell'altro; ad esempio le maestre non fanno mai lezioni collettive di 30 persone, seguono sempre uno o due bambini alla volta, piccole lezioni brevi, allora questo vuol dire che se sta con questo bambino non può essere interrotta, in principio tutti si affollano, vogliono l'attenzione della maestra. Bisogna dare al bambino il tempo di imparare, ma non facendo delle prediche o sgridandoli o punendoli, ma semplicemente avendo un atteggiamento molto tranquillo sapendo che la regola è quella e che fa stare bene il bambino, perché lui sa come si deve comportare. Il metodo Montessori offre ai bimbi autonomia, ricchezza e indipendenza e allo stesso tempo questo senso di calma e di ordine che parte dal fatto che l'educatore non grida mai, perché l'adulto non deve mai alzare la voce, deve parlare ai bambini con rispetto, come si fa tra persone amiche.

Intervento Sentirla parlare è meraviglioso perché fa sembrare quasi semplice educare i bambini, però mi chiedo, noi adulti non siamo capaci di ascoltare senza giudizio, di osservare con attenzione quello che fa l'altro senza sovrapporci quindi essendo così difficile tra adulti, figuriamoci per i bambini che non hanno capacità di reazione, di giudizio…

Grazia Honegger Fresco Le dico subito che per i bambini è molto più facile, ovviamente la maestra che fa questo lavoro deve essere capace di ascoltare i bambini, deve essere capace di dare una regola di come si sta' a questo mondo rispettando gli altri. Gli adulti lo devono imparare per primi e la televisione è una pessima maestra anche in questo, perché parlano tutti insieme e non si capisce nulla. È una cosa che si impara l'ascolto reciproco! Se gli adulti non lo sanno fare è un grande guaio! La scuola è importante e i bambini fra di loro non devono esseri messi in competizione, questo è un altro segreto; siamo una società così punitiva perché gli adulti non si ascoltano, dobbiamo capire il perché senza darlo per scontato. Ci sono delle anomalie veramente amorali, gravissime dal punto di vista di formazione del bambino, che vanno contestate ma i genitori non lo fanno perché hanno paura che poi ricada addosso ai loro figli ed è vero che gli ricade addosso! Allora siamo un paese vile, non proteggiamo i nostri figli, non lo so che cosa si deve fare, ed è vero che più si cresce di età peggio è! Il male comincia da piccoli, bisogna vedere che cosa succede alla scuola materna, un altro di quei posti tremendi, dove la competizione comincia, il giudizio, tu sei capace e tu no, a te ti do tre caramelle, e, a te ne do due… Inoltre gli adolescenti sono un tale disastro di solitudine, non hanno un posto dove stare, non hanno diritto di stare, devono andare nelle pizzerie, poi si lamentano che vanno in discoteca, per forza! Ma dove devono andare questi ragazzi proprio nel momento in cui hanno tanto bisogno di stare insieme, di trovarsi come gruppo… allora c'è il gruppo che si ritrova alla cabina telefonica, perché non c'è altro posto dove andare, non hanno soldi, che fanno? Vogliamo occuparcene o no? Le vogliamo denunziare queste cose o no? Certo non nel modo superficiale in cui lo sto facendo io ma con dati alla mano, bisogna studiarlo a fondo questo problema, questi professori, non sono degni di essere chiamati professori! Sapranno forse insegnare la matematica ma non sono dentro la situazione di quei bambini che stanno lì e sono infelici, sono ragazzini infelici!




*******


la diversità è un pregio,
qualcosa di estremamente importante,
un valore grande


1 commento: